Prima regola: focalizzarci sulle persone a cui ci rivolgiamo. Già, quando scriviamo, quando battiamo freneticamente sulle lettere della tastiera del nostro pc, spesso ci dimentichiamo di chi sta dall’altra parte.
Ci dimentichiamo che stiamo mandando un messaggio, ci dimentichiamo le parole giuste, quelle più adatte. A volte anche quelle davvero necessarie a renderlo comprensibile. Adatte a farlo arrivare a tutti.
Adatte, soprattutto a farlo diventare di tutti. Sì, perché se l’obiettivo è coinvolgere, comunicando, devo provare a rendere il mio messaggio universale. Ecco perché oggi, utilizzare un linguaggio inclusivo non è solo un vezzo stilistico, un modo per farsi battere le mani o conquistare le lodi di chi ama il politically correct. Si tratta di una necessità, di un vero segnale di uguaglianza.

C’è un nome per ogni cosa

Uno degli aspetti più trattati nella «letteratura» del linguaggio inclusivo è sicuramente quello della declinazione dei nomi delle professioni. Una tematica molto dibattuta e nota anche a chi di professione non lavora con le parole.
In particolare, al centro dell’attenzione c’è la declinazione al femminile delle professioni. L’esigenza nasce nell’ultima decade, con l’ingresso di donne in posizioni che, fino a qualche anno fa, erano esclusivamente appannaggio degli uomini. Così sono nati termini come l’assessora, la capitana, la sindaca e via dicendo.

Declinazioni che a molti suonano strane ma che in realtà non lo sono. Non si tratta infatti di parole inventate, ma semplicemente di professioni che non sono mai state declinate al femminile perché descrivevano cariche che non erano accessibili alle donne.
Oggi, tra chi è favorevole e chi è contrario, tra incessanti dibattiti, il dilemma ha preso un’accezione più socioculturale e talvolta anche politica, più che linguistica. Ma per chi deve usare certi termini anche per lavoro è giusto utilizzare delle regole ben precise.

Il dilemma del neutro

Scrivere in modo inclusivo non è semplice ma nemmeno impossibile. Inoltre è importantissimo trovare il giusto compromesso tra l’inclusività e la comunicabilità. Tra il rispetto e il riuscire a trasmettere il significato che si vuol far passare. In questo senso, uno dei grandi dilemmi è quello dell’utilizzo del neutro. Sempre più spesso troviamo soluzioni nei quali si utilizzano desinenze formate da simboli come sbarre, parentesi, asterischi e chiocciole.

Vengono utilizzate formule come lui⁠/⁠lei«, »condomin«, »interessat@« o tutt*. Formule non facili da comprendere: Il difficile è soprattutto capire come vanno lette e quali articoli o preposizioni associarci. In questo caso la leggibilità si riduce in modo sostanziale. Diciamo che queste formule sono sì utilizzabili ma non andrebbero considerate come prima scelta.
Una prima soluzione, nel caso il tempo a disposizione sia poco, può essere quella dell’utilizzo del maschile neutro in ogni caso, con una nota iniziale per specificare che i termini utilizzati al maschile fanno riferimento a tutti i generi. Ma sarebbe meglio, avere tempo a disposizione e provare ad andare più a fondo, realizzando un lavoro più curato.

L’inclusive web

Questi piccoli accorgimenti che abbiamo provato a riassumere fin qui, sono i primi passi per provare ad utilizzare un linguaggio sempre più inclusivo che rispetti la parità di genere. Soprattutto nella lingua italiana scritta da utilizzare sul web.
Si perché parlando di digital, c’è un vocabolario web sicuramente da arricchire, per stare attenti con le parole chiave. Casi specifici in cui tenere gli occhi bene aperti. Prima ad esempio abbiamo parlato dell’utilizzo della parola «Partner». Come possiamo tradurre questa parola, in italiano nel nostro sito web se non possiamo utilizzare questa formula. Possiamo utilizzare ad esempio un sostantivo di genere comune, come rappresentante o referente.

Quando si parla invece di cliente o utente, altre due parole che si possono declinare al maschile o al femminile, il maschile non è considerato marcato se ci riferiamo alla categoria in generale. Se però vogliamo fare un passo in più, possiamo aggirare articoli e preposizioni con le soluzioni che abbiamo visto fino ad ora. E così per dire che sono stati «1.000 i clienti ospitati per l’inaugurazione» possiamo dire che «Per l’inaugurazione abbiamo ospitato 1.000 clienti» in modo da eliminare quell’ «ospitati» che non è per nulla inclusivo.